giustizia

Il garantismo è una cosa seria…

Cesare Battisti

Cesare Battisti

Il garantismo è una cosa seria. Il garantismo non è ricerca di impunità ma difesa dei diritti. Cesare Battisti deve scontare la sua pena secondo i principi dettati dalla nostra Costituzione all’art. 27. La giustizia non è vendetta, è giustizia. Sempre. Il garantismo o è per tutti o non è. Il garantismo con lo sterzo nega sé stesso e diventa il suo contrario. Per essere garantisti ci vuole il coraggio di guardare al merito delle questioni non allo specchio deformato delle ideologie, avendo il coraggio di difendere i diritti anche del proprio peggior nemico. Grazie Enza Bruno Bossio e Adriano D’Amico.

PD: Basta con la strategia del “fare il morto”.

Fare il morto

Raccolgo gli spunti offerti da un interessante intervento di Luigi Guglielmelli a commento degli impietosi sondaggi che danno il PD vicino al dato del 4 marzo 2018.
Il 19 per cento circa è un dato dal quale, pur nella generale crisi di tutte le forze dell’attuale quadro politico, sembra difficile schiodarsi. Si aggiunga che, nonostante un lieve incremento dei 5 stelle, attorno al 15 per cento e quindi ben al di sotto del 32 per cento delle elezioni del 2018, il centro destra, pur arretrando lievemente, attrae ancora il 50 per cento dell’elettorato italiano. Cosa consegue da questi dati, pur nel quadro della alea tipica di tutti i sondaggi? Che il PD e il centro sinistra nel suo complesso (vedi anche i dati debolissimi degli altri, dalla sinistra bersaniana a Italia Viva passando da Più Europa fino a Calenda) non hanno alcuna prospettiva di governo quando le elezioni ci saranno. Eppure siamo al governo da 1 anno circa. È anzi assai probabile che il prossimo governo sarà appannaggio del centro destra a forte trazione di Salvini e Meloni. Con qualunque sistema elettorale sarà utilizzato. Del resto le elezioni che si sono svolte finora a livello locale confermano questa tendenza. È sufficiente questo per aprire una riflessione nel PD? Io credo proprio di sì. Eppure sembra prevalere la strategia del “fare il morto”, preoccupandosi soltanto di appianare i contrasti con gli alleati, a cominciare dai 5 stelle. Quando si formò questo governo io fui d’accordo. Molti di noi hanno sperato in una “romanizzazione” dei barbari, vale a dire lo spostamento su posizioni riformiste del corpaccione populista dei 5 stelle. In verità pare che ci siamo imbarbariti noi. La giustizia, al netto dell’esplosione dello scandalo Palamara e della offensiva di Di Matteo contro Bonafede, resta terreno di scontro di un giustizialismo becero e rozzo, tendente ad affermare una “repubblica dei PM” che ha nel travaglismo” (sic) il suo punto di orientamento quotidiano. Non parliamo poi delle politiche sulla immigrazione, con i decreti sicurezza di Salvini che restano ancora lì, intonsi, dopo un anno di governo PD! E gli esempi potrebbero continuare all’infinito. Il PD finora ha fatto finta di essere “morto”. Il gruppo dirigente nazionale si preoccupa al massimo di amministrare l’esistente, a gestire (piuttosto male e con lo sterzo di uno “stalinismo dei poveri”, vedi il caso Calabria sul quale stendiamo un velo pietoso) le candidature in attesa di un voto che verrà prima o poi e che, male che vada dovrebbe consentire di scegliere un centinaio di parlamentari se restano (orrore!) le liste bloccate. Mi chiedo e chiedo a chi ha ancora un residuo di onestà intellettuale, può un partito ridursi a questo? Può la sua prospettiva essere solo quella di offrire una borsa di studio di seggio parlamentare a qualche fido di corrente? E anche lo sforzo di governo può ridursi a far fare il ministro o il sottosegretario a qualcuno per continuare ad amministrare un esistente sempre più ristretto e autoreferenziale? O, invece, è necessario misurarsi, qui ed ora, con una grande politica riformatrice che offra al Paese, oltre che agli alleati, una agenda di cambiamento profondo resa ancora più urgente dalla crisi del corona virus? Io vedo praterie aperte per una politica di questo tipo di fronte alla crisi del populismo. E invece rispetto al populismo continuiamo ad essere subalterni ed afoni. Al PD si chiede solo di fare la cosa per cui è nato: essere una grande forza riformista e di cambiamento del Paese. Sperando che si capisca una volta per tutte che “facendo il morto” prima o poi si annega davvero.

Stato di diritto non Stato “etico”

Il Leviatano di Thomas Hobbes

Lo Stato democratico ha il dovere non solo di punire ma anche di recuperare alla vita civile i condannati. Scrissero questa norma della Costituzione persone che furono perseguitate e incarcerate ingiustamente da uno Stato che si inventò i Tribunali Speciali e dichiarava che la giustizia doveva rispondere ad un superiore principio “etico” che identificavano nella ideologia fascista. I padri costituenti ci ricordano che nello Stato democratico la giustizia deve perseguire i reati non le persone. Che non esiste lo Stato “etico” ma lo Stato di diritto. Ricordiamocelo in questi tempi bui. Anche quando discutiamo di persone che, per ideologie e distorte concezioni “etiche” presero le armi per uccidere innocenti servitori dello Stato. Lo Stato è sempre superiore, persino ai reati.

Una persona degna di essere ricordata…

Ernesto D'Ippolito

Ho conosciuto l’avv. Ernesto D’Ippolito attraverso mio fratello Massimo, che ne è stato allievo nella nobile professione forense. Persona di straordinaria cultura era un piacere conversare con lui. Era profondamente anticomunista ma non ideologico, da buon liberale. Con me si prendeva il gusto di “sfottermi”. Quando mi lamentavo con lui sulla debolezza del “garantismo” nella sinistra amava punzecchiarmi: “Perché nonostante tutte le vostre svolte voi comunisti, sui temi della giustizia, non siete mai stati laici. Anzi non solo sulla giustizia, siete rimasti una Chiesa”.

Per molti aspetti aveva ragione. Di certo si sentirà la sua mancanza in una città come Cosenza che, negli ultimi anni, si è sempre più impoverita e involgarita culturalmente. Anche per questo non possiamo non ricordarlo…

Ciao Marco…

Marco Pannella

Diciamo la verità: a noi comunisti Marco Pannella e i radicali non piacevano. Noi comunisti ci sentivamo portatori di una idea altra di mondo in cui a contare erano le masse non gli individui. Pannella invece ci richiamava al tema dei diritti ed alla concezione più pura della democrazia, perché non ci sono diritti collettivi e neppure civili se non si parte dal riconoscimento dei diritti individuali. Una concezione purissima della democrazia che abbiamo imparato anche grazie alle battaglie di Marco Pannella e dei radicali. Il divorzio, l’aborto furono battaglie vinte dalle masse ma senza Pannella e i radicali forse avrebbero molto stentato ad affermarsi. Garantismo, diritti dei detenuti, diritti delle donne, dei gay, persino la legalizzazione della cannabis sono battaglie per le quali dobbiamo ringraziare Marco Pannella e i radicali. Ed impegnarci a portarle avanti. Ciao Marco…

L’assurdità del diritto allo sputtanamento…

Le vite degli altri

Spiegatemi come fossi un bambino di sei anni: cosa c’entra il diritto di cronaca con il diritto da dare a chiunque di registrare, all’insaputa dell’interessato, conversazioni o immagini ? Un conto è riconoscere alla magistratura il diritto/dovere di indagare (ma anche di tenere riservate queste intercettazioni per usarle solo ai fini processuali e non per ottenere lo sputtanamento di chicchessia, fosse anche Totò Riina) un conto è costruire una repubblica in cui chiunque può registrarti anche quando fai un rutto…

La separazione dei poteri

Montesquieu

Charles-Louis de Secondat, barone de La Brède e di Montesquieu

 

Renzi sulla giustizia ha ragione da vendere: ci si può e ci si deve dimettere per ragioni di opportunità politica o di etica della responsabilità secondo principi e metodi che la stessa politica deve essere in grado di produrre per sè. Ma non si caccia un sottosegretario o un ministro solo perché indagato. Altrimenti ciò significherebbe dare alla magistratura un potere politico, quello di decidere chi può o non può rimanere in un governo. Ed i magistrati gestiscono un potere giudiziario, non politico.

E’ quello che penso da sempre, il garantismo è rispetto delle regole e dei diritti, non un velo per coprire vergogne o il desiderio di impunità come ne ha fatto la destra. Continua a leggere

Finalmente la responsabilità civile dei giudici

Giustizia

E’ passata quasi in sordina la legge sulla responsabilità civile dei giudici. Scontata la protesta dell’ANM che ha urlato contro il rischio della perdita dell’autonomia della Magistratura, ma non ci sono state le vibrate proteste né le tempeste mediatiche  degli anni passati. Il che conferma che uno degli ostacoli ad una riforma equilibrata della giustizia è stato rappresentato proprio da Berlusconi che in questi anni sulla giustizia ha sollevato grandi polveroni polemici salvo poi accontentarsi di qualche leggina ad personam messa a punto dal suo ufficio legale che, alla lunga, non gli ha neppure evitato la condanna.

Non si tratta di una rivoluzione, è bene dirlo. Elementi importanti sono certamente l’eliminazione del controllo preventivo di ammissibilità del giudizio per ottenere un risarcimento se si è vittima di malagiustizia e l’introduzione della possibilità di attivare il giudizio anche per negligenza grave o travisamento del fatto o della prova da parte del giudice, tutte cose che nella legge Vassalli, quella seguita al referendum dell’86 ed al caso Tortora, non c’erano.

Il cittadino vittima di malagiustizia ora potrà chiedere di essere risarcito allo Stato e solo dopo lo Stato potrà rivalersi sul giudice che ha compiuto l’errore grave o, peggio il dolo, fino alla metà dello stipendio.

Insomma viene superata finalmente l’idea che l’operato del magistrato, anche se viziato da negligenza, colpa grave o addirittura dolo, dovesse essere assolutamente sganciato da qualsiasi forma di responsabilità.

Oggi qualsiasi categoria, dai medici, agli avvocati, agli insegnanti, agli impiegati pubblici, è responsabile di fronte alla legge degli errori, delle colpe e delle negligenze gravi che commette nell’esercizio delle proprie funzioni.

A funzioni più grandi corrispondono responsabilità più grandi. Una cosa normale in tutto il mondo.

Solo gli appartenenti ad una casta possono pretendere di essere posti nella condizione di non dover rispondete mai del proprio operato professionale.

Insomma quella approvata ieri è una soluzione equilibrata e di buon senso, in linea con quanto avviene in altri Paesi europei dove la giustizia funziona e non è diventata il terreno di scontro di una guerra di religione.

Guerra di religione che alcuni cercano, ancora e disperatamente, di ravvivare nella speranza di riassumere il ruolo di tribuni che stanno inesorabilmente perdendo.

Un gioco semplice…e se la vittima della gogna mediatica fosse uno qualsiasi di noi ?

Gogna mediatica

Facciamo un gioco semplice semplice…immaginate di fare un lavoro che vi porta ad avere un intenso e quotidiano rapporto con la gente. Un giorno siete accusati di aver commesso un reato, un brutto reato, di quelli che suscitano forte riprovazione sociale (mettete in moto la fantasia o aiutatevi col Codice Penale). Per voi, che sapete di essere innocenti, si aprono le pene dell’inferno. Sentite forte la pena che la gente dubiti di voi e della vostra onestà. Sottoposti ad indagine il giudice vi dichiara “estraneo ai fatti contestati”. Ne siete felici e riprendete la vita di sempre. Passano degli anni, 3, 4, 5, 10. Poi un giorno sul lavoro vi propongono per una meritata promozione. Ma colleghi che aspirano alla stessa promozione tirano fuori pubblicamente la vecchia storia dell’indagine e cominciano a parlare di ragioni di opportunità. Da 0 a 10, quanto considerereste ingiusta l’azione dei vostri colleghi ?

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