garantismo

Il garantismo è una cosa seria…

Cesare Battisti

Cesare Battisti

Il garantismo è una cosa seria. Il garantismo non è ricerca di impunità ma difesa dei diritti. Cesare Battisti deve scontare la sua pena secondo i principi dettati dalla nostra Costituzione all’art. 27. La giustizia non è vendetta, è giustizia. Sempre. Il garantismo o è per tutti o non è. Il garantismo con lo sterzo nega sé stesso e diventa il suo contrario. Per essere garantisti ci vuole il coraggio di guardare al merito delle questioni non allo specchio deformato delle ideologie, avendo il coraggio di difendere i diritti anche del proprio peggior nemico. Grazie Enza Bruno Bossio e Adriano D’Amico.

A proposito di questi giorni…

La Giustizia trafitta

Nel dibattito tra garantismo e giustizialismo giova ricordare queste parole, pronunciate da Martin Niemöller, un pastore protestante tedesco per denunciare il silenzio degli intellettuali tedeschi di fronte al nazismo.
“Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare”.

 

Basta con le ipocrisie e le invettive. Il PD deve essere altro o non sarà

Immagine Simbolo PD

Se c’è una cosa sulla quale dovremmo tutti riflettere non è tanto Renzi che se ne va ma cosa resta del PD. Perché la sua uscita toglie ogni scusa a chi rimane e oggi dirige il PD. Una riflessione vera è, a questo punto, ineludibile. La scissione di Renzi è solo l’ennesima manifestazione della crisi del PD come partito nato per unire le grandi culture riformiste italiane. Aver fatto il governo potrebbe essere una condizione importante ma non sufficiente per rilanciare non solo il Paese ma anche una forza di centrosinistra moderna. Perché un conto è fare il governo con i 5 stelle e favorire la loro fuoriuscita dalla dimensione massimal-qualunquista che li ha portati ad essere la prima forza nel 2018, un conto, invece, è porsi in maniera subalterna al loro giustizialismo antipolitico, fino addirittura a prefigurare nelle regioni alleanze civiche non solo senza simboli ma anche senza politica, magari cercando, come in Calabria, di riesumare candidati in servizio permanente effettivo già bocciati in altre stagioni dagli elettori pur di risolvere qualche conflitto locale interno nel gioco asfittico delle correnti romane. Il PD oggi è popolato da correnti protese solo al posizionamento interno. Un gruppo dirigente degno di questo nome dovrebbe chiudere con la stagione delle giaculatorie e delle invettive e avviare un serio dibattito sul che cosa deve essere il PD, se deve continuare ad esistere in questa forma o fare altro, ma soprattutto se vuole restare nel solco della sinistra moderna e riformista (che è anche laica e protesa alla difesa dello Stato di diritto e delle garanzie individuali e sociali) o chiudersi in una dimensione sempre oscillante tra il governismo a tutti i costi e la testimonianza subalterna. Essere di sinistra, infatti, non può essere una enunciazione di principio ma la fatica quotidiana della rappresentanza di interessi sociali diffusi e sempre più complessi. Il governo per la sinistra o serve al cambiamento o non serve. Si faccia un congresso straordinario. Per discutere di idee e proposte. Mettiamoci alle spalle vent’anni di confronti nominalistici. Facciamolo se vogliamo essere utili non solo a noi stessi ma al Paese.

Salvini nel cul de sac

Italy's Interior Minister Salvini attends a news conference at the Viminale in Rome

Chiariamo subito prima che si scateni la solita ridda di commenti senza capo e né coda orientati solo dalla tifoseria che ormai caratterizza tutto il dibattito pubblico italiano.
1. Salvini è indagato formalmente per come prescrive la Costituzione presso il Tribunale dei Ministri per abuso d’ufficio e altre ipotesi di reato piuttosto gravi tra cui sequestro di persona. Nessun abuso ma esercizio della obbligatorietà dell’azione penale anch’essa sancita dalla Costituzione. In altre parole il Procuratore, in questo caso di Agrigento, non solo può ma DEVE agire se individua nell’azione di un cittadino, anche e soprattutto se Ministro, elementi di reato. Tutti i discorsi sulla opportunità della azione del Procuratore sono, pertanto, giuridicamente e sostanzialmente inconcludenti.

Nave Diciotti nel porto di Catania
2. È stato lo stesso Salvini a rivendicare la sua azione, che è consistita nel non aver comunicato al Ministero delle infrastrutture competente sui porti, dove far sbarcare la “Diciotti”. Sorprendersi perché un giudice fa il suo dovere o addirittura minacciarlo per interposta persona è sintomo di una concezione ben strana della legge e di uno Stato democratico sulla cui Costituzione il nostro ha giurato (magari se la leggeva prima non era male).
3. Io sono garantista fino al midollo. In un sistema democratico e di diritto tutti sono innocenti fino a sentenza definitiva. Salvini non deve dimettersi. Magari qualche imbarazzo lo avranno Di Maio che chiede le dimissioni anche di chi non è neanche indagato (purché suo avversario) o Conte che dice, da avvocato, “non possiamo aspettare i tempi della giustizia”. O vale per tutti o per nessuno. È la legge bellezza.

Migranti sulla DiciottiMigranti sulla Diciotti 2
In ultimo una considerazione politica: Salvini è rimasto incastrato nel suo stesso giochino. Ha fatto il duro con i poveri 170 eritrei della “Diciotti” mentre, nel silenzio generale, da luglio ad oggi di migranti ne sono sbarcati in Puglia e in Calabria più di 500. Ha cercato di forzare l’Europa minacciandola sulla base di presupposti giuridici inesistenti, che gli ha risposto picche. Ha sperato che Mattarella o Conte lo scavalcassero per avere la scusa di aprire un’altra querelle con la UE e magari una crisi di governo che portasse alle elezioni e lui capitalizzasse al massimo la sua battaglia senza paura contro i perfidi poteri forti che non lo fanno governare, ma gli è andata male. Hanno trovato il compromesso grazie alla Chiesa che ha dichiarato di accogliere gli eritrei (a proposito in Eritrea c’è una delle più feroci dittature del globo lo sapevate ?), come se le procedure di accoglienza non rimanessero in capo allo Stato italiano. Un escamotage per uscire dal cul de sac in cui si era infilato insieme al governo. Bugiardo, ipocrita, inaffidabile sul piano politico. Sul piano giudiziario ci saranno giudici a valutare. Perché c’è sempre un giudice a Berlino.

Migranti sulla Diciotti 3

Ciao Marco…

Marco Pannella

Diciamo la verità: a noi comunisti Marco Pannella e i radicali non piacevano. Noi comunisti ci sentivamo portatori di una idea altra di mondo in cui a contare erano le masse non gli individui. Pannella invece ci richiamava al tema dei diritti ed alla concezione più pura della democrazia, perché non ci sono diritti collettivi e neppure civili se non si parte dal riconoscimento dei diritti individuali. Una concezione purissima della democrazia che abbiamo imparato anche grazie alle battaglie di Marco Pannella e dei radicali. Il divorzio, l’aborto furono battaglie vinte dalle masse ma senza Pannella e i radicali forse avrebbero molto stentato ad affermarsi. Garantismo, diritti dei detenuti, diritti delle donne, dei gay, persino la legalizzazione della cannabis sono battaglie per le quali dobbiamo ringraziare Marco Pannella e i radicali. Ed impegnarci a portarle avanti. Ciao Marco…

Verità giudiziaria e giudizio politico

Calogero Mannino

Premesso che la presunta trattativa Stato-Mafia mi è sempre sembrata avere la stessa attendibilità dei complotti della Spectre nei film di 007, francamente trovo assai discutibili certi commenti dopo la sentenza che ha assolto Calogero Mannino. Sono commenti che continuano a confondere due piani, quello giudiziario e quello politico. Si può avere il giudizio peggiore su uomini e vicende della storia politica italiana passata e recente (ed io sono tra questi) ma ciò non significa che questo giudizio corrisponda a reati commessi. Perché il nostro sistema giudiziario, che è espressione di un regime democratico, può solo perseguire reati, che hanno colpevoli con nomi, cognomi ed indirizzi, non tramutare in reati giudizi politici e storici come spesso ha cercato di fare una parte della magistratura italiana e il sistema mediatico giustizialista che prospera attorno ad essa. Giudizi politici che non reggono, come è giusto che sia, i dibattimenti nelle aule giudiziarie.

La sindrome di Girolimoni e il processo mediatico

Girolimoni ormai anziano

Pubblicato “Il Garantista” del 29 settembre 2015

Gino Girolimoni era un poveraccio accusato ingiustamente di essere un pedofilo autore di alcuni atroci delitti di bambine nella Roma degli anni Venti. Arrestato e processato, la polizia (eravamo in pieno regime fascista) fabbricò un cumulo di prove contro di lui che, tuttavia, non ressero in sede processuale. Assolto “per non aver commesso il fatto” e liberato, rimase però per tutti il “mostro di Roma”. Il vero autore dei delitti pare fosse un pastore anglicano inglese che, però, non sarà mai condannato. A questa storia il regista Damiano Damiani si ispirò nel 1972 per realizzare un bellissimo film interpretato dal grande Nino Manfredi.

L’arresto di Girolimoni e l’esibizione delle false prove contro di lui furono oggetto di una poderosa campagna di stampa che lo dipinse come un pervertito, mettendo in rilievo aspetti della sua vita privata che potevano avvalorare la sua colpevolezza. Era infatti orfano e scapolo, condizioni moralmente deprecate durante il fascismo e, per di più il fatto che fosse elegante e più o meno benestante (proprietario di una macchina, cosa assai rara a questi tempi) contribuivano a renderlo piuttosto “antipatico” ad un’opinione pubblica orientata dalla retorica populista e “antiborghese” del fascismo. Continua a leggere

La separazione dei poteri

Montesquieu

Charles-Louis de Secondat, barone de La Brède e di Montesquieu

 

Renzi sulla giustizia ha ragione da vendere: ci si può e ci si deve dimettere per ragioni di opportunità politica o di etica della responsabilità secondo principi e metodi che la stessa politica deve essere in grado di produrre per sè. Ma non si caccia un sottosegretario o un ministro solo perché indagato. Altrimenti ciò significherebbe dare alla magistratura un potere politico, quello di decidere chi può o non può rimanere in un governo. Ed i magistrati gestiscono un potere giudiziario, non politico.

E’ quello che penso da sempre, il garantismo è rispetto delle regole e dei diritti, non un velo per coprire vergogne o il desiderio di impunità come ne ha fatto la destra. Continua a leggere

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