Resistenza

A Sesto Imolese per ricordare la Liberazione…

Festa della Liberazione a Sesto Imolese

A Sesto Imolese i ragazzi della mia scuola hanno partecipato ad una cerimonia dell’ANPI e del Comune di Imola (che ricordiamo è medaglia d’oro della Resistenza) presso il monumento ai caduti nell’ambito delle celebrazioni per la Festa della Liberazione. Una festa corale, di tutti, con tantissima gente tra cui anche ex partigiani e loro familiari, in cui i ragazzi, oltre a cantare l’inno di Mameli, Va pensiero e Bella Ciao, hanno portato le bandiere realizzate da loro stessi, tra cui i due gonfaloni con i simboli civici dei comuni di Imola e Mordano, su cui insiste il nostro Istituto Comprensivo. I due gonfaloni sono stati sistemati nella stanza della dirigenza a ricordo di questa bellissima giornata.

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Marzabotto, Monte Sole, mai più…

 

Marzabotto, Monte Sole 22

Marzabotto, Monte Sole…guardo queste montagne e questo paesaggio bellissimo. Che ricorda la nostra Sila, le colline e le montagne calabresi. E penso che qui avrebbero preferito godersi solo questa bella natura incontaminata, come da noi, senza il peso terribile della storia che vide questi luoghi teatro di eccidi spaventosi durante l’ultima guerra. Senza il peso opprimente dei morti innocenti, donne, anziani, bambini inermi (quasi mille vittime). E credo che siano stati fortunati che la storia, almeno in quella occasione, ci risparmiò. E tuttavia anche la Memoria serve a dare senso ai luoghi. Se non altro per gridare dentro e fuori di noi MAI PIÙ, MAI PIÙ, MAI PIÙ…

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Buon 2 giugno a tutti

2 Giugno Festa della Repubblica

La Repubblica fu la conquista più importante della generazione che visse la tragedia della guerra e la lotta della Resistenza. Nata anche con l’apporto fondamentale delle donne, fino ad allora senza diritti in Italia, la Repubblica fu il conseguimento di tante speranze, l’alba di una nuova stagione di democrazia e diritti. Festeggiarla oggi assume il segno stesso della promessa della rinascita che tutti, dopo questi mesi terribili, dobbiamo costruire. Buon 2 giugno a tutti.

25 Aprile 1945-25 Aprile 2020. 75 anni di libertà per la libertà di tutti, anche in questi difficili giorni…

25 Aprile 2020

75 anni fa fummo liberi dall’oppressione del nazifascismo e dalla tragedia della guerra. Oggi stiamo apprezzando, forse più che in qualsiasi altro momento, il valore di quella conquista. Ma questo 25 aprile del 2020 sia anche l’occasione per ricordare che la lotta per la libertà non avrà fine sino a quando un solo uomo sulla terra non sarà libero di vivere con dignità, fiducia e speranza nel futuro. Solo così, anche dopo questi difficili giorni, saremo veramente liberi. BUON 25 APRILE A TUTTI. #25aprile2020.

 

Il senso di una ricorrenza di cento anni fa.

Immagine d'epoca del Monumento ai caduti di Cosenza

Immagine d’epoca del Monumento ai caduti di Cosenza

Articolo su “Il Quotidiano del Sud” del 4 novembre 2018

Mi sono sempre domandato cosa possono dire ai ragazzi di oggi gli elenchi di nomi che campeggiano sui tanti monumenti dedicati ai caduti della prima guerra mondiale e che ormai fanno parte della geografia urbana di tutti i nostri comuni, dalle Alpi fino a Trapani.
Credo non molto. Al massimo il ripetersi di alcuni cognomi avrà spinto qualcuno a chiedersi se quel soldato di cento anni fa fosse un lontano parente.
Eppure a 100 anni distanza il 4 novembre resta una ricorrenza vissuta a metà.
Non è questa la sede per analizzare il difficile rapporto che la società italiana ha sempre avuto con la propria storia. Basti pensare alle discussioni che ancora oggi si aprono puntualmente in occasione del 25 aprile, sullo stesso 2 giugno.
In questo contesto va letto il recente tentativo operato da alcuni settori della destra politica di recuperare il 4 novembre e la memoria della Grande Guerra all’interno delle spinte neosovraniste e neonazionaliste che interessano numerosi paesi europei, Italia compresa.
In verità, a partire dalla Presidenza di Carlo Azeglio Ciampi si è assistito ad una certa inversione di tendenza che non ha mancato di influire sulla coscienza collettiva del Paese che oggi tende a riconoscersi più facilmente in un comune quadro di valori nazionali.
La patria, le sue istituzioni, comprese le sue forze armate, appartengono a tutti, così come i valori democratici che si incarnano nelle ricorrenze del 25 aprile e del 2 giugno.
Le parole “patria” e “viva l’Italia”, del resto, erano le ultime che venivano pronunciate dai condannati a morte della Resistenza, come testimoniano le loro lettere.
Ecco perché una parte del ceto politico dovrebbe smetterla di usare le divisioni del passato per cercare di tenere in piedi le proprie identità nel presente: è vera politica, invece, quella che sa riconoscersi in un comune quadro di valori e dividersi, come è giusto che sia, solo su cosa fare nel presente.
Ai giovani di oggi abbiamo il dovere di offrire una comunità nazionale aperta, democratica, protesa alla cooperazione internazionale, che ripudia la guerra e si fonda sul diritto per come delineato dalla nostra Costituzione.
In questo senso ricordare il 4 novembre significa non solo celebrare la fine di una delle guerre più sanguinose della storia ma riflettere su alcuni elementi decisivi per la costruzione dell’Italia di oggi.
La guerra che si concluse il 4 novembre del 1918 fu, infatti, un evento che ha segnato la storia italiana in maniera forse più profonda rispetto agli altri paesi europei.
In Italia, infatti, il consenso alla guerra riguardava una minoranza, sia pure particolarmente attiva composta da intellettuali come D’Annunzio, dai futuristi, ma anche da personalità di cultura democratica come Salvemini, una frangia dell’estrema sinistra sindacalista-rivoluzionaria, i repubblicani, i nazionalisti, i liberali moderati, alcuni settori della industria pesante e parte della Corte. Su posizioni neutraliste erano invece i liberali di sinistra che facevano riferimento a Giovanni Giolitti, i socialisti, i cattolici, vale a dire la stragrande maggioranza del Paese e del Parlamento. Per portare il paese in guerra il governo dell’epoca, (Governo Salandra), sfiorò la crisi istituzionale perché non aveva maggioranza parlamentare e, nei fatti, operò un “colpo di stato” surrettizio. Ben altra cosa accadde negli altri paesi europei, con manifestazioni di piazza e arruolamenti volontari di massa nelle prime settimane di guerra e persino i partiti socialisti che votavano per la guerra nei diversi parlamenti.
Inoltre, la guerra cominciata il 24 maggio 1915 (un anno dopo gli altri paesi coinvolti nel conflitto) fu condotta, almeno fino alla disfatta di Caporetto nell’autunno del 1917, con metodi brutali e con assoluta indifferenza per la sorte di quella moltitudine di soldati contadini, mandati a morire in azioni disperate e prive di senso.
Solo l’Italia, ad esempio, trattò i suoi prigionieri caduti in mano all’esercito austro-ungarico come vili, disertori, rifiutandosi di sottoscrivere con gli avversari specifici accordi (come avevano fatto ad esempio inglesi e tedeschi) per garantire comunque l’assistenza alimentare e perseguitando perfino le loro famiglie negando ad esse i sussidi di guerra.
L’uso indiscriminato dei processi sommari, delle fucilazioni e delle decimazioni come quella inflitta alla Brigata “Catanzaro” nell’estate del 1917, reparto composto prevalentemente da calabresi che pure si era coperto di gloria nel corso della guerra per il suo coraggio, rappresentano la prova più evidente di un atteggiamento diffuso in tutti gli eserciti ma che nel nostro si colorava dell’antico disprezzo per le classi subalterne chiamate solo ad obbedire senza discutere. Molti soldati furono fucilati semplicemente perché parlavano il dialetto, e gli ordini, in italiano, suonavano loro incomprensibili.

La Brigata Catanzaro in una delle celebri copertine della Domenica del Corriere

La Brigata Catanzaro in una delle celebri copertine della Domenica del Corriere

Eppure quella guerra, quella “inutile strage”, come la definì papa Benedetto XV cercando inutilmente di fermarla con una accorata lettera nell’agosto del 1917 ai capi degli stati belligeranti, quei soldati-contadini continuarono a combatterla, a prezzo di immani sacrifici, per salvare una nazione che non avevano mai conosciuto e che a loro si era manifestata soltanto con il volto arcigno della repressione.
Fu nelle trincee, nella quotidiana condivisione della morte imminente che maturò un concetto di patria che finalmente non veniva imposto da una vuota retorica ma dalla necessità di salvare la propria vita, la propria terra, la propria famiglia, il proprio mondo.
Fu in quei quattro anni e mezzo che uomini, ragazzi di 18 anni, provenienti da ogni parte del Paese, di estrazioni sociale diversa (il ruolo degli ufficiali di complemento, per lo più di estrazione piccolo-borghese che erano più a contatto con la truppa, fu decisivo) entrarono per la prima volta in contatto, nella comune sofferenza.
La prima guerra mondiale rappresentò la prima vera esperienza collettiva di una nazione giovane, divisa, ancora immatura. E riuscì a vincerla, a costo di 650mila morti i cui nomi sono scolpiti su quei monumenti che oggi neppure guardiamo, solo perché seppe trovare, ad un certo momento, le ragioni dell’unità, del comune riconoscimento.
Una esperienza che si ripeterà in altre circostanze nel corso della nostra storia, tutte drammatiche: l’8 settembre del 1943, la nascita della Resistenza e la Liberazione; gli anni di piombo, il delitto Moro e la sconfitta del terrorismo. Sembra quasi che l’Italia dia il meglio di sé nei momenti più difficili.
Ricordare, dunque, questi eventi, forse ci farà trovare quelle energie necessarie a fare in modo che questa nostra Italia si senta quella bella, grande e generosa comunità che è, tutti i giorni e non soltanto quando è costretta a vivere l’ennesima tragedia.

Il Quotidiano del Sud del 4 novembre 2018

Basta ciance…Buon 25 aprile

Festa del 25 aprile, Festa della Liberazione

Provateci un attimo…solo per un attimo provate ad immaginare cosa sarebbe successo se il 25 aprile del 1945 avessero vinto quegli altri…

Capirete allora il fastidio che mi produce il riproporsi ogni anno delle solite polemiche su questa Festa.
Vi apparirà anche discutibile l’ultima arrivata da Roma, quella sul con chi sfilare e con chi no. Per fortuna a Milano e nel resto d’Italia il corteo sarà, come sempre di tutti.
Perché io ci penso ogni anno a come sarebbe stata l’Italia, l’Europa e il mondo se a vincere fossero stati quegli altri.

Perché la libertà, la democrazia e la difesa dei diritti fondamentali dell’uomo sono cose serie, per le quali dobbiamo ringraziare il cielo (e coloro che ce le hanno conquistare) tutti i giorni. E temercele ben strette, altro che ciance…

Il coraggio della scelta giusta…

Resistenza

Arriva sempre per tutti nella vita il momento di scegliere. State certi che la scelta più giusta vi apparirà chiara, immediatamente. Nella maggioranza dei casi, tuttavia, questa scelta sarà anche la più difficile, comunque la meno comoda. La scelta più giusta spesso richiede più coraggio. Perché il coraggio non è assenza di paura ma capacità di assumersi le proprie responsabilità. Sempre. Pensate a tutto questo quando riflettere sulla Resistenza. All’epoca la scelta più comoda era nascondersi, scappare o stare con chi, in quel momento, era il più forte. La scelta più giusta era, invece, quella di lottare per farla finita con chi aveva creato tutto quel dolore. Pensate a questo quando vi parlano dei “vinti”. Perché se è vero che tutti i morti sono uguali e tutti sono degni Continua a leggere

1945-2015 – 70 anni di libertà

Paola 6

Testo dell’intervento tenuto presso l’IIS Pisani-Pizzini di Paola il 23 aprile 2015

Ho riflettuto molto sul titolo da dare all’incontro di oggi a questo mio intervento e l’unico che mi è sembrato adatto è “70 anni di libertà”. Perché è l’unico che mi consente di spiegare a voi ragazzi il significato vero della Resistenza e della Festa della Liberazione.

Perché è la libertà, con tutto quello che ad essa si lega indissolubilmente, l’eredità che ci hanno lasciato i nostri nonni 70 anni fa. Continua a leggere

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