Primarie in Campania e il vecchio vizio giacobino

Primarie

Francamente trovo fuorviante e viziato da forte dosi di giacobinismo il dibattito che si è sviluppato attorno alle primarie della Campania.

Stiamo ai fatti per come si sono manifestati: ieri sono andati a votare in 157mila. Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno, vince con il 52% contro il 44% di Andrea Cozzolino  e il 4% del socialista Marco Di Lello. Tutto si è svolto regolarmente e gli avversari di De Luca hanno già riconosciuto la sua vittoria e si sono messi a disposizione del partito e della coalizione. Eppure, quando ancora i seggi non erano stati ancora aperti, attorno alle primarie campane si è sviluppato un dibattito acceso, una rincorsa alla denuncia preventiva di possibili brogli, di filiere clientelari e di inquinamenti da parte di esponenti del centrodestra o addirittura della malavita, con l’icona dell’anticamorra Roberto Saviano che si spingeva fino all’appello per il non voto. Oggi, ad urne chiuse, appare difficile credere che le 137mila persone che si sono messe in fila ai seggi pagando uno o due euro per votare siano tutte clienti, ex di centrodestra o malavitosi.

Mi taccio sull’altra polemica che investe De Luca in queste ore sulla sua condanna per abuso d’ufficio per la quale il TAR del Lazio lo ha già reintegrato nella sua carica di sindaco (come del resto è accaduto anche per De Magistris). Né serve dilungarsi sulla incostituzionalità della legge Severino e sul fatto che il reato d’abuso d’ufficio in tanti paesi civili è depenalizzato se non connesso alla corruzione.

Sarebbe, invece necessario interrogarsi, ma con serietà e rigore di analisi,  sulle ragioni politiche che hanno portato a confrontarsi alle primarie il candidato sconfitto alle elezioni precedenti e due ex assessori della Giunta Bassolino.

Tuttavia chi, legittimamente, non era d’accordo con questa rappresentazione del centrosinistra, piuttosto che misurarsi democraticamente nelle urne, ha preferito polemizzare con le primarie, ha invocato operazioni verticistiche o ne ha messo in discussione la validità come strumento di selezione delle candidature. Sulle primarie, d’altro canto, la sindrome della volpe e l’uva è sempre aperta.

In realtà costoro non si sono posti l’unica vera domanda: perché il popolo del centrosinistra in Campania continua a riconoscersi nelle uniche esperienze di governo, sia pure nate più di vent’anni fa, che hanno registrato importanti successi amministrativi, vale a dire quella di Bassolino nella città di Napoli e di Vincenzo De Luca a Salerno ? L’esperienza bassoliniana, com’è noto, si è esaurita malamente cinque anni fa, mentre quella di  Vincenzo De Luca è ancora viva e vegeta e suscitatrice di larghi consensi a Salerno.

Non mi sfugge certamente che la rappresentazione che si è manifestata alle primarie campane sia anche il frutto della mancata costruzione del PD come soggetto politico collettivo, come organismo in grado cioè di promuovere la partecipazione politica e in cui le primarie devono essere la parte finale non iniziale del processo di costruzione di nuove classi dirigenti.

E’ questo un tema ancora tutto aperto e che non può essere risolto con la cooptazione in posti di comando di personale che come unico merito hanno l’età anagrafica.

E’ di questo che dovrebbero convincersi gli ayatollah che in questi anni hanno condotto in Campania e in Italia poderose campagne per il rinnovamento del PD e del centrosinistra creando anche mostri come Luigi De Magistris e che, al momento decisivo, quello cioè di trovare candidati, programmi e, soprattutto consenso al proprio progetto, sono evaporati limitandosi, come le comari del paesino della nota canzone di De Andrè, all’invettiva.

Si può ritenere di essere portatori del migliore progetto del mondo, ma se questo non cammina sul consenso popolare, esso risulta essere solo inutile velleitarismo, illusione giacobina.

Sarà sempre così fino a quando si continuerà a scambiare il rinnovamento politico (che è urgente e necessario) con il sostituismo, l’innovazione con il giovanilismo, il cambiamento con il trasformismo.

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