L’ideologia del rancore e dell’invidia sociale

Rancore

Pubblicato su “Il Garantista” del 26 ottobre 2015

Ma ci siamo chiesti perché, nonostante da più di vent’anni in Italia il discorso pubblico sia “fissato” sulle coordinate della “moralizzazione” ogni giorno le cronache ci consegnano un quadro desolante di corruzione (vera o presunta) e di comportamenti non etici che investono non soltanto i potenti, politici e “colletti bianchi”, ma anche larghe fasce della società, dagli impiegati che imbrogliano con il cartellino ai falsi invalidi che prendono pensioni come ciechi e poi vengono sorpresi a guidare la macchina.

Insomma, nonostante i Travaglio, i Santoro, i talk show, i giornali di successo e le ondate continue di indignazione on line, la corruzione non solo non diminuisce ma addirittura si ha la sensazione che aumenti giorno dopo giorno, con episodi che ne dimostrano praticamente il carattere di massa.

A mio parere non è soltanto un problema di dissociazione tra comportamento pubblico e comportamento privato (la doppia morale gesuitica è sempre stata di casa dalle nostre latitudini) che pure porta gli impiegati arrestati di Sanremo ad esprimere sulle loro bacheche social il massimo della indignazione contro la “casta politica corrotta” e contemporaneamente truffare lo Stato rubando sul tempo e gli straordinari.

La verità è che nella società italiana resiste e per certi aspetti cresce proprio nei momenti di crisi la tendenza a guardare a tutto ciò che è “pubblico” non come ad un bene comune da tutelare e difendere perché appartiene a tutti ma come ad un “luogo” dove prendere il più possibile ed al minimo costo.

Si comprende, pertanto, il motivo per cui non solo la narrazione moralistica di questi anni non ha prodotto cambiamenti ma addirittura ha finito per alimentare proprio quella ideologia dell’invidia e del rancore sociale che sta alla base del disprezzo non solo della “politica” ma di tutto ciò che è in qualche modo “pubblico”.

Per cui, paradossalmente, il politico o il potente che rubano non sono disprezzati perché sottraggono risorse destinate a tutti, ma solo invidiati da chi non ha potuto fare come loro !!!

Qualunque politico potrà raccontarvi l’amarezza che si prova quando, troppo spesso, proprio quelli che lo disprezzano in pubblico, in privato gli vanno a chiedere l’indomandabile !!!

Insomma, ci si ostina a non capire che qualunque campagna di moralizzazione e di promozione dell’etica pubblica non può prescindere da un’analisi seria della società e da un conseguente e coerente progetto di cambiamento.

Un progetto che, proprio perché coerente, deve essere in grado, in alcuni momenti, anche di essere “impopolare”. Perché gridare “al ladro” (ed in genere a gridare per primo è sempre il vero ladro) è sempre più facile di impegnarsi per fare in modo che i furti diminuiscano davvero.

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Il Garantista del 26 ottobre 2015

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