Giulio Grandinetti, la credibilità dell’informazione e l’autonomia della politica

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Dieci anni fa, il 22 aprile del 2007, moriva per gli effetti di una rapida e inesorabile malattia, Giulio Grandinetti.

Giulio è stato molte cose nel corso della sua vita: sin dalla giovanissima età dirigente assai ascoltato del PCI-PDS-DS, stimato imprenditore del ramo assicurativo e tra i fondatori de “Il Quotidiano”.

Confesso, per me che ho avuto l’onore di essere uno dei suoi amici più intimi, tutta la commozione e la difficoltà nel ricordarlo oggi, a dieci anni dalla sua scomparsa a chi non l’ha conosciuto.

Giulio Grandinetti, infatti, merita di essere ricordato intanto per l’esempio di militanza politica attiva e disinteressata nella sinistra cosentina tanto da rifiutare più volte il passaggio nelle istituzioni che pure gli era stato offerto, preferendo il ruolo di consigliere e, in alcuni momenti, di vera e propria eminenza grigia dei gruppi dirigenti del partito.

Il soprannome di Lothar che gli fu affibbiato in gioventù non gli dispiaceva: dotato di un carattere difficile e poco incline alla mediazione (memorabili le sue litigate politiche) sapeva però richiamare tutti all’unità nei momenti difficili, caratteristica fondamentale della nostra educazione nel PCI che forse i dirigenti attuali della sinistra dovrebbero tornare a praticare.

Quando divenne Presidente del Consiglio di Amministrazione de “Il Quotidiano” aveva l’assillo di costruire un giornale indipendente autenticamente calabrese fatto da calabresi.

Come in tutte le cose che faceva si gettò nell’impresa con determinazione ostinata reclutando giovani giornalisti e corrispondenti in ogni angolo della regione e costruendo redazioni in ogni provincia.

Se molti giornalisti calabresi hanno trovato occasione di formazione e di lavoro e perfino altri giornali e media sono nati per “gemmazione” dall’esperienza de “Il Quotidiano” lo dobbiamo anche a Giulio.

Si può discutere oggi sugli esiti di quello sforzo, se la nascita di nuove testate giornalistiche in Calabria ha determinato davvero il sorgere di una informazione più libera e plurale.

Sarebbe discorso lungo che esula dallo scopo di queste righe.

Purtroppo i suoi ultimi mesi di vita furono sfregiati dall’inchiesta Why Not dell’ineffabile De Magistris, inchiesta mediaticamente generata e sostenuta, dopo che una persona che aveva la sola colpa di essere suo omonimo aveva subito un avviso di garanzia e una perquisizione.

Un coinvolgimento che si concluse con un pieno proscioglimento, purtroppo postumo.

Per Giulio la credibilità dell’informazione era l’unica garanzia della sua libertà ed autonomia.

Per uno come lui che da dirigente di partito aveva sempre difeso il principio dell’autonomia della politica, non poteva essere altrimenti.

È anche per questi motivi che di uomini come Giulio oggi si sente, drammaticamente, la mancanza.

Il Quotidiano del Sud del 23 aprile 2017

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