campi di battaglia

La seconda guerra mondiale secondo Antony Beevor

Conferenza di Yalta

Ci sono libri che meritano di essere letti anche quando parlano di argomenti sui quali si crede sia stato detto e scritto tutto ciò che c’era da dire e da scrivere.

Il prezioso volume di Antony Beevor, La seconda guerra mondiale. I sei anni che hanno cambiato la storia, edito da Rizzoli e uscito da poche settimane nelle librerie italiane, rappresenta un testo decisamente significativo, per la ricchezza della documentazione anche inedita che lo sorregge e per la leggerezza della scrittura che mantiene viva l’attenzione del lettore anche quando racconta particolari militari complessi.

Antony Beevor si conferma con quest’ultimo lavoro, uno dei migliori storici militari contemporanei, confermandosi scrittore capace di parlare ad un vasto pubblico di vicende storiche e militari anche complesse. Ricordo qui due suoi lavori assai interessanti come La guerra civile spagnola e Stalingrado che lo avevano fatto conoscere al pubblico internazionale.

Questa sua ultima fatica riesce a dare un quadro d’insieme di un fatto che sconvolse la vita di milioni di persone in praticamente tutte le latitudini del pianeta.

Beevor ci racconta la guerra dei grandi, di Churchill, di Stalin, di Roosvelt, di Hitler e Mussolini, ma anche quella degli oscuri ufficiali e soldati semplici proiettati sui fronti di guerra attraverso un sapiente innesto di documenti ufficiali e di diaristica.

La guerra ci appare così come il dramma collettivo e individuale di una umanità intera, uomini trascinati nei campi di battaglia, donne, bambini e anziani sterminati nei lager o nelle città bombardate, la tragedia degli stupri e persino del cannibalismo.

Scrive Beevor: “nessun altro periodo della storia offre una fonte di materiale tanto ricca per lo studio di dilemmi, tragedie individuali e collettive, corruzione del potere politico, ipocrisia ideologica, egocentrismo dei comandanti, tradimento, caparbietà, abnegazione, atti di incredibile sadismo e di imprevedibile compassione” (p. 988).

Antony Beevor

Non rappresentano così vezzi letterari i due episodi narrati dall’autore in premessa e a conclusione del suo lavoro.

La storia di un coscritto coreano, reclutato a forza dai giapponesi nel 1938, catturato dall’Armata Rossa nell’unica battaglia prima della guerra tra russi e nipponici (Khalkhin-Gol, in Mongolia 1939) e mandato in un campo di lavoro, arruolato ancora una volta dai sovietici nel 1942 per resistere all’invasione tedesca, catturato dai tedeschi nella battaglia di Char’kov in Ucraina e costretto a combattere contro gli americani che sbarcavano in Normandia nel 1944. Prigioniero in Gran Bretagna si trasferì dopo la fine della guerra negli USA per morirvi nell’Illinois nel 1992. Ma anche la storia di una donna, moglie di un agricoltore tedesco, che si era innamorata di un prigioniero francese assegnato alla loro fattoria in Germania con il quale aveva avuto una relazione. Alla fine della guerra aveva deciso di seguirlo in Francia nei treni che riportavano in patria i deportati in Germania, finendo però arrestata a Parigi.

Due storie diverse che rappresentano chiaramente il dramma degli uomini e delle donne semplici rispetto alle “soverchianti forze storiche” che ne cambiarono il destino.

Un libro straordinario dunque, di cui consiglio la lettura. Unico neo un Ciano definito “cognato” di Mussolini, forse un errore di traduzione che però nulla toglie a questo importante affresco di un periodo che ha davvero cambiato la storia del mondo.

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