USA

Biden nuovo Presidente degli USA…

Joe Biden e  Kamala Harris, Presidente e Vicepresidente degli Stati Uniti d'America

Joe Biden e Kamala Harris, Presidente e Vicepresidente degli Stati Uniti d’America

Joe Biden è il nuovo Presidente degli Stati Uniti. La più grande e antica democrazia del mondo ha dimostrato di avere gli anticorpi per respingere il virus del populismo incarnato da Trump. Con la novità della prima Vicepresidente donna e di origini indiane della storia degli USA. Quelli che si aprono per Joe Biden e Kamala Harris sono quattro anni difficili perché il populismo e il trumpismo non sono scomparsi, anzi. Ma se il buongiorno viene dal mattino oggi è una bella alba.

Bandiera degli USA

Bandiera degli USA

4 Luglio 1776, le verità di per sé evidenti…

 

Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d'America

Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America

“Noi riteniamo di per sé evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità”. Queste parole, sempre perseguite, sempre contraddette, sono alla base della prima rivoluzione dell’età moderna, quella americana. Noi stiamo dalla parte di chi, per “queste verità di per sé evidenti”, non ha mai smesso di combattere…

E…Lezioni americane

(Photos: Courtesy GOP.org, Democrats.org)

Afroamericani, ispanici, nativi americani, gay dichiarati e tantissime donne. I democratici negli USA sfidano la destra razzista e maschilista impersonata da Trump con impostazione politica e candidati radicalmente alternativi. La destra populista e sovranista che sollecita solo paure si batte con una sinistra che indica con chiarezza la strada del progresso e della fiducia nella società aperta.

Democratica.com

Dal film “Mississippi Burning. Le radici dell’odio”.

Mississippi Burning.  Le radici dell'odio. Locandina.

“Sai, quando ero un ragazzino, c’era un vecchio contadino negro che viveva lungo la strada da noi. Si chiamava Monroe. E lui era, uh, beh, suppongo che fosse solo un po’ più fortunato di quanto lo fosse il mio papà. Si era comprato un mulo. Era un grosso problema in quella città. Ora mio papà odiava quel mulo, perché i suoi amici lo prendevano in giro: “oh, hai visto Monroe uscire con il suo nuovo mulo?” e “Monroe affitterà un altro campo ora che ha un mulo”. E una mattina quel mulo fu trovato morto. Avevano avvelenato l’acqua. E dopo questo nessuno parlò di quel mulo a mio padre. Non se ne parlò più. Una volta, siamo andati al bar lungo la strada e abbiamo superato la casa di Monroe e abbiamo visto che era vuota. Aveva appena fatto le valigie e se n’era andato, immagino. Andato al nord, o qualcosa del genere. Ho guardato il viso di mio padre – e sapevo che l’aveva fatto. E ha visto che lo sapevo. Si vergognava. Immagino che si vergognasse. Mi guardò e disse: “Se non sei migliore di un negro, figlio, di chi sei meglio ?“. Era un uomo vecchio così pieno di odio che non sapeva che era la sua povertà ciò che lo stava uccidendo”.
Ci possiamo riflettere su ? Grazie.

Il semplice buon senso…

Guerra in Siria

Scoppiò una rivolta in Siria contro un feroce dittatore. Questo dittatore era sempre stato amico dei russi e inviso agli americani, a parte dei loro alleati occidentali e agli israeliani.
Gli americani aiutarono ribelli. Altre potenze europee fecero lo stesso. I russi si misero a difendere il dittatore. Ne venne fuori una guerra civile terribile. Ma si scoprì subito che i ribelli erano più feroci del dittatore stesso. Risultato stragi da una parte e dall’altra, profughi e tratta di schiavi da una parte all’altra del Mediterraneo. E il terrorismo islamico in crescita esponenziale. La strage dei bambini con il gas. Ora il bombardamento USA. Non sarebbe ora che il mondo democratico riflettesse davvero su quello che sta succedendo e fermasse l’escalation di guerra e di morte, riconoscendo che, ancora una volta, la pace non è utopia di romantici ma semplice buon senso ? Ovviamente la pace, per essere vera, la devono fare tutti…

Risolvere il problema del “nostro” Sud.

L'Italia Rovesciata

Pubblicato su “Il Garantista” del 2 agosto 2015

In tutti i paesi la questione dello sviluppo unitario dei territori ha storicamente rappresentato una questione nazionale che è stata risolta a volte pacificamente e democraticamente a volte con la violenza e la guerra. Perché ogni paese ha un “nord” ed un “sud” e c’è sempre un “nord” più “nord”.

Prendiamo, ad esempio, gli USA, dove la questione Nord-Sud fu affrontata e risolta nel quadro di una delle più feroci guerre dell’età moderna, quando il problema dell’abolizione della schiavitù altro non era che la rappresentazione di un feroce conflitto tra due modelli di sviluppo, uno industriale e proteso all’espansione internazionale, l’altro agrario e chiuso in una dimensione tradizionale di una economia coloniale o post-coloniale.

Si pensi all’URSS staliniana dove industrializzazione e liquidazione brutale dell’economia contadina dentro il quadro ideologico della eliminazione dei kulaki come classe altro non erano che la scelta di un modello di sviluppo che si voleva in grado di competere con le altre potenze capitalistiche. Continua a leggere

L’utilità di saper tacere…

Liberazione 1954-2015

“Passeggiando” tra post e commenti dedicati al 25 aprile se ne possono individuare quattro “tipi”.

Il primo, il più corretto e per fortuna maggioritario, quello che cerca di cogliere il senso di una Festa che, grazie anche all’evoluzione del dibattito politico e storiografico, ha cessato di essere una celebrazione di parte (se mai lo è stata) per assumere il valore di un momento di generale riflessione sulla libertà e la democrazia come patrimonio di tutti.

Poi c’è il secondo “tipo”, quello che definirei scettico a tutti i costi, che cerca di sminuire il valore delle celebrazioni tacciandole come retoriche e rituali. Costoro, spesso gli stessi che con grande provincialismo indicano i limiti del nostro Paese proprio nel non Continua a leggere

Leggere l’astensionismo

Astensionismo

Sull’astensionismo che si è manifestato domenica scorsa credo che si debba rifuggire da analisi frettolose e superficiali.

Diciamo subito che in Italia l’astensionismo fa molto più notizia.

Nel nostro Paese, infatti, la partecipazione politica è sempre stata più alta sia rispetto al resto dell’Europa che degli USA.

Ma in quei paesi la politica è vissuta in genere con maggiore distacco senza che questo si traduca in forme di rifiuto delle istituzioni democratiche.

In Italia il calo progressivo dei votanti va avanti da più anni.

Domenica scorsa hanno inciso diversi fattori di carattere generale: il voto fuori da un turno nazionale e quindi scarsa attenzione dei media e la disaffezione verso la politica che viene percepita sempre più come incapace di risolvere i problemi della gente.

Accanto a questi ce ne sono di particolari, come il crollo del centrodestra e la stessa crisi dei M5S.
I loro elettori sono frastornati: i primi non ne possono più di una vicenda politica tutta avvitata attorno ai destini di Berlusconi i secondi sono delusi dalla assoluta inconcludenza di una forza politica che, pur avendo eletto 140 parlamentari, non riesce a cavare il classico ragno dal buco.

Questo dato ha pesato soprattutto in Calabria, dove la tradizione astensionista si è sommata alla debolezza della proposta politica del centrodestra e dei cinque stelle. Accanto a ciò un diffuso sentimento di sfiducia che ha accompagnato queste elezioni regionali non solo nei confronti della classe politica ma della stessa speranza che le istituzioni democratiche possano essere in grado di risolvere i problemi di questa terra. Un sentimento pericoloso, i cui esiti, comprendiamolo bene, non potranno certamente essere forieri di “magnifiche sorti e progressive”, ma di un ulteriore degrado della vita pubblica.

A questo pericolo dovrà dare una risposta la sinistra calabrese, oggi chiamata a responsabilità di governo.

Il generale Giap, simbolo della lotta contro il colonialismo

Giap

E’ morto, alla veneranda età di 102 anni uno dei più grandi generali della storia, Vo Nguyen Giap.

Artefice dell’indipendenza vietnamita di cui fu il braccio militare e Ho Chi Mihn quello politico, al comando di un esercito di contadini sommariamente armati sconfisse prima i francesi nella grande battaglia di Dien Bien Phu nel 1954 e poi la più grande potenza militare del mondo, gli USA, nella lunga guerra non dichiarata del Vietnam (1963-1975).

Siamo molto lontani dal clima politico ed ideologico che, negli anni  ’60 e ’70. mosse tutto il mondo in una gara di solidarietà nei confronti del Vietnam che combatteva contro il gigante americano.

Di certo il regime che scaturì da quella guerra rimase nel campo delle dittature comuniste dove lo aveva relegato la guerra fredda e dove, nonostante aperture e liberalizzazioni, purtroppo ancora rimane.

Ma la lotta che Giap e Ho Chi Minh combatterono fu animata soprattutto dalla volontà di liberarsi da secoli di colonialismo e di subalternità.

Fu un episodio fondamentale della fine del colonialismo in cui milioni di donne e di uomini combatterono e morirono per conquistare la propria libertà.

Fosse solo per questi motivi io credo che sia giusto, comunque, ricordarlo.

Visita al Museo della Guerra ad Ho Chi Minh City

Visita al Museo della Guerra ad Ho Chi Minh City

Visita al Museo della Guerra ad Ho Chi Minh City, Padiglione della solidarietà internazionale

Visita al Museo della Guerra ad Ho Chi Minh City, Padiglione della solidarietà internazionale

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