elezioni regionali 23 novembre 2014

Le vittime elettorali degli etruschi

Alan Kadman

Ogni competizione elettorale ha pochi vincitori e molti sconfitti.

Alcuni, con spirito sportivo accettano il responso delle urne con un comprensibile deluso silenzio; altri purtroppo, non rinunciano alla dichiarazione pubblica, spesso rivolta contro misteriosi “apparati” autori di chissà quali trame ai danni del candidato buono (se stesso) e a favore di quello cattivo.

Troppo difficile accettare che c’è stato qualcuno che ha semplicemente preso più voti e interrogarsi sugli errori commessi in campagna elettorale e perché il proprio messaggio non è passato.

Poco conta, poi, che tra l’ultimo degli eletti e la nostra “vittima” ci siano migliaia e migliaia di voti, spesso più del doppio.

Cosa siano e da chi siano animati questi oscuri apparati nessuno lo sa. Le loro origini, secondo Adam Kadmon, affondano nella notte dei tempi, nelle misteriose sette etrusche. Sappiate, quindi che, se la prossima volta lo stesso candidato perderà di nuovo le elezioni sarà colpa degli etruschi.

Leggere l’astensionismo

Astensionismo

Sull’astensionismo che si è manifestato domenica scorsa credo che si debba rifuggire da analisi frettolose e superficiali.

Diciamo subito che in Italia l’astensionismo fa molto più notizia.

Nel nostro Paese, infatti, la partecipazione politica è sempre stata più alta sia rispetto al resto dell’Europa che degli USA.

Ma in quei paesi la politica è vissuta in genere con maggiore distacco senza che questo si traduca in forme di rifiuto delle istituzioni democratiche.

In Italia il calo progressivo dei votanti va avanti da più anni.

Domenica scorsa hanno inciso diversi fattori di carattere generale: il voto fuori da un turno nazionale e quindi scarsa attenzione dei media e la disaffezione verso la politica che viene percepita sempre più come incapace di risolvere i problemi della gente.

Accanto a questi ce ne sono di particolari, come il crollo del centrodestra e la stessa crisi dei M5S.
I loro elettori sono frastornati: i primi non ne possono più di una vicenda politica tutta avvitata attorno ai destini di Berlusconi i secondi sono delusi dalla assoluta inconcludenza di una forza politica che, pur avendo eletto 140 parlamentari, non riesce a cavare il classico ragno dal buco.

Questo dato ha pesato soprattutto in Calabria, dove la tradizione astensionista si è sommata alla debolezza della proposta politica del centrodestra e dei cinque stelle. Accanto a ciò un diffuso sentimento di sfiducia che ha accompagnato queste elezioni regionali non solo nei confronti della classe politica ma della stessa speranza che le istituzioni democratiche possano essere in grado di risolvere i problemi di questa terra. Un sentimento pericoloso, i cui esiti, comprendiamolo bene, non potranno certamente essere forieri di “magnifiche sorti e progressive”, ma di un ulteriore degrado della vita pubblica.

A questo pericolo dovrà dare una risposta la sinistra calabrese, oggi chiamata a responsabilità di governo.

Un voto necessario

Schede elettorali

Domani, al termine di una complicata vicenda istituzionale e nel mezzo della peggiore crisi economica dal dopoguerra ad oggi, la nostra Calabria tornerà a votare.

Si può dire tutto quello che si vuole, nutrire i sentimenti più crudi nei confronti della politica ma nulla potrà mai togliere valore all’atto principe della democrazia, il voto.

Il voto è un diritto e un dovere civico. Chi vota si assume la responsabilità di scegliere. Non votare significa soltanto sottrarsi a questa responsabilità, lasciare che altri, forse i peggiori, scelgano per noi.

Il non voto non è protesta, ma solo rinuncia. È lasciare campo libero a chi, davvero, finora ha fatto solo danni ed ha perpetuato sistemi di potere personalistici e particolaristici.
La Calabria, invece, ha bisogno di una collettiva assunzione di responsabilità.

Il centrosinistra, il PD, Mario Oliverio hanno parlato a tutti il linguaggio della verità.
La situazione è grave e non ci sono salvatori della patria o eroi o grandi timonieri o signori più o meno illuminati. Tutti questi, in genere, presuppongono masse di seguaci o di sudditi. Al contrario ci deve essere un popolo che si alza e si mette in cammino, un popolo che sostiene un progetto di cambiamento rifuggendo chiacchiere e demagogie.

Domani io, come faccio sempre da quando ho l’età della ragione, andrò a votare per scegliere Mario Oliverio, il mio partito, il PD, e dare anche una preferenza, a Carlo Guccione.

Farò tutto questo con la consapevolezza che davvero questo non è un passaggio ordinario della vita della nostra terra. Con la convinzione che davvero e soltanto tutti insieme, ce la possiamo fare.

Il volo del grillino

Parapendio

Non so attraverso quali ragionamenti e considerazioni di marketing elettorale il candidato grillino della Calabria ha deciso di utilizzare come strumento di propaganda il buttarsi da un’altura di Praia con il parapendio. Dice il nostro – voglio dimostrare di avere il coraggio di governare la Calabria – . La cosa mi ricorda quelle sfide tra ragazzi quando, ad esempio, per dimostrare di essere uomini ci si buttava senza freni con la bici da una discesa di 50 gradi. Di certo emerge la dimensione di un “dannunzianesimo de noartri” che, sotto una estetica eroicomica come la traversata a nuoto dello Stretto del Caro Leader, cela la mancanza di un minimo di idea di cosa andare a fare se eletti nelle istituzioni. Lo spettacolo di 140 parlamentari accampati a Roma affaccendati in liti via web su scontrini e fatture o sul presunto complotto della Spectre per governare il mondo ne rappresenta la plastica dimostrazione. In ogni caso auguro a Cono Cantelmi di avere miglior fortuna dei miei amici di gioventù che nella sfida con la bici in discesa spesso si rompevano la testa.

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