Politica

BERLUSCONI E GRILLO COSTITUZIONALISTI DA BAR DELLO SPORT…

Exploit di Grillo, il vero vincitore è il Movimento 5 stelle Berlusconi-

Negli ultimi vent’anni solo due persone hanno messo in discussione l’art. 67 della Costituzione nel principio del non vincolo di mandato per i parlamentari: il “liberale” Berlusconi e il “mandatuttiafa…” Beppe Grillo.

L’argomento usato contro la libertà di mandato dei parlamentari è la constatazione che questo principio è spesso servito negli ultimi anni per coprire trasformismi e transumanze politiche.

Bisognerebbe ricordare a tanti improvvisati costituzionalisti da bar dello sport che il rischio del trasformismo era ben presente ai nostri padri costituenti e, tuttavia, decisero di mantenere la libertà da vincoli di mandato per una semplice ragione: gli eletti, in quanto tali (e io dico, nonostante il Porcellum, che è stato concepito anche contro l’art. 67) rispondono al popolo intero, non solo a quelli che li hanno votati.

Ne consegue che anche il giudizio sull’affidabilità politica del singolo eletto è demandato al popolo sovrano che può o non può ridargli il mandato.

E’ affidato dunque al senso di responsabilità dell’eletto l’interpretazione del mandato ricevuto dal popolo sovrano e non ai partiti e tantomeno ai loro leader.

Insomma, l’esistenza del potenziale tradimento non giustifica l’arresto preventivo: è come se si affermasse che, dal momento che ci sono i falsi invalidi bisogna abolire le pensioni di invalidità.

 

SUL FASCISMO SI DICONO TROPPE CORBELLERIE…

Mussolini ha sempre ragione foto
In un suo film Massimo Troisi ad una entusiasta fascista che decantava le virtù del regime di Mussolini nel far arrivare i treni in orario diceva: “Vabbeh, ma se era solo per questo bastava farlo capostazione mica capo del governo !!!”.
La battuta di Troisi la dice lunga su certo atteggiamento, a dire il vero assai diffuso tanto da affiorare di tanto in tanto nelle dichiarazioni di alcuni esponenti della classe dirigente (gli ultimi tre in ordine di tempo, Berlusconi, la neocapogruppo alla Camera del M5S e il Sottosegretario Polillo), che tende a “giustificare” il fascismo o, quantomeno, a distinguere un “prima” positivo di riforme e modernizzazione dell’Italia e un “dopo” negativo, quello delle leggi razziali, dell’alleanza con Hitler e della tragedia della guerra.
Tralascio qui valutazioni di ordine storiografico piuttosto complesse e mi limito invece ad un paio di considerazioni di fondo che smentiscono alla radice questa impostazione:
1. E’ profondamente sbagliato, oltre che non vero storicamente, che la modernizzazione dell’Italia fu un merito della dittatura fascista, primo perché il processo era già stato avviato con successo dai governi giolittiani prima della Grande Guerra, secondo perché, come dimostra l’esperienza di altri Paesi europei ed occidentali che rimasero nell’ambito della democrazia liberale, la modernizzazione non è affatto una prerogativa dei regimi autoritari e totalitari, anzi.
2. Nessuna realizzazione positiva, nessun intervento sia pure condivisibile di un regime totalitario può cancellare o mettere in secondo piano il fatto che quel sistema di governo si è affermato sulla violenza e sulla negazione delle libertà fondamentali dell’uomo.
Questo secondo punto è assolutamente ineludibile se si vuole dare un giudizio storico vero sul fascismo e in generale su tutti i regimi totalitari, anche di colore opposto e quindi è assolutamente sbagliato parlare di un prima e di un dopo: il prima del fascismo, è bene ricordarlo, furono le squadracce che assaltavano le sedi dei partiti e dei giornali avversari, bastonavano a sangue e uccidevano esponenti politici e sindacali rossi e bianchi che fossero, sparavano sui cortei di lavoratori in sciopero, e tante altre cosette così…
Il dopo sono stati il carcere, il confino e l’esilio per tutti gli antifascisti, fino all’alleanza con Hitler e le leggi razziali, la vergogna di guerre (d’Etiopia, di Spagna e Mondiale) che mandarono a morire una intera generazione in campi di battaglia lontani contro popoli che non ci avevano fatto nulla.
Insomma, prima di parlare del fascismo consiglierei, a molti, di rileggersi almeno un manuale di storia di scuola media inferiore…magari eviteranno brutte figure.
Soprattutto se chi parla è chiamato a rappresentare l’Italia in nome di quella Costituzione e di quelle leggi che sono nate proprio per emendare il nostro Paese dalla vergogna di aver voluto rinunciare alla libertà e alla democrazia in cambio di qualche treno in orario.

UN’ANALISI DEL VOTO VERA…

urna-elettorale

Guai se si riconducesse il successo elettorale di Grillo a fattori locali che, caso per caso, territorio per territorio potrebbero essere piegati a ragioni strumentali di lotta politica autoreferenziale. Il fenomeno Grillo si esprime in maniera omogenea sul territorio nazionale. Se non si capisce che nel voto del 24 e 25 febbraio scorsi si è manifestata prima di tutto una sedimentata rabbia sociale, non si va da nessuna parte. Soprattutto il Sud, ancor di più rispetto al passato, ha cercato da una parte protezione secondo il vecchio cliché (voto al Centrodestra) e dall’altra ha manifestato un vero e proprio ribellismo. Il PD che nel Mezzogiorno vince solo in Basilicata, non ha saputo intercettare questo duplice sentimento. Avrebbe dovuto osare di più con una convincente proposta che rispondesse ad una domanda che in altri tempi si sarebbe detta “di pane, lavoro e libertà”. Se non facciamo i conti con i temi della garanzia dei diritti primari, dell’aumento della domanda di occupazione, della redistribuzione della ricchezza e della modernizzazione del contesto ambientale, prevarrà sempre un senso di insicurezza sociale che si colloca facilmente nell’alveo dell’antipolitica. Anche il ricambio delle classi dirigenti dovrà essere portatore di risposte a queste incalzanti domande. Se ci si attarda solo nei nominalismi sarà sempre peggio.

D’ALEMA: IL COMPORTAMENTO DI INGROIA RENDE POCO CREDIBILE IL PAESE

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“Ingroia prima ha condotto l’inchiesta Stato-mafia, non a caso conclusa con una candidatura elettorale, usando il suo ruolo per processare la storia del nostro Paese, poi ha abbandonato il suo ufficio internazionale. Da ministro degli Esteri, so cosa ha significato riuscire a ottenere dall’Onu l’incarico in Guatemala per un italiano. E so cosa vuol dire per la credibilità del Paese che l’incaricato stia lì solo una settimana, per giunta in collegamento con Santoro, e poi se ne vada”.


Scuola Bene Comune

Incontro – 23 novembre 2012 ore 17,00 al Caffè Letterario di Piazza Matteotti – Cosenza — Con: Enza Bruno Bossio, Raffaella Ciardullo, Maria Francesca Corigliano, Caterina Gammaldi, Gabriele Petrone, Alfredo D’Attorre e la Responsabile Nazionale Scuola del PD Francesca Puglisi.

E’ BELLO SENTIRE VICINO IL TUO PARTITO IN QUESTO MOMENTO…

Bersani in un comizio

Bersani in un comizio


BERSANI: SE RESTANO QUESTE NORME SULLA SCUOLA NOI NON LE VOTIAMO
“Voglio dirlo con chiarezza: noi non saremo in grado di votare così come sono le norme sulla scuola, sono norme al di fuori di ogni contesto di riflessione sull’organizzazione scolastica e finirebbero per dare un colpo ulteriore alla qualità dell’offerta formativa”, afferma Pier Luigi Bersani, a proposito delle disposizioni contenute nella legge di stabilità.
Nel rispetto dei saldi, “chiediamo al Governo di rendersi disponibile a modifiche significative. Noi metteremo attenzione alla questione fiscale cercando una soluzione più equa e più adatta ad incoraggiare la domanda interna”. Il Pd, aggiunge Bersani, “metterà attenzione al tema ancora aperto degli esodati”. Ma le norme sulla scuola, per il segretario Pd, “così come sono non saremo in grado di votarle”. “Voglio credere – conclude il leader dei democratici in un comunicato – che ciò sarà ben compreso dal Governo. Diversamente saremmo di fronte ad un problema davvero serio”.

FU GRAVE ERRORE CONSEGNARE IL GARANTISMO ALLA DESTRA BERLUSCONIANA

Raffaele Della Valle

Raffaele Della Valle


La fiction di Tognazzi sulla tragica vicenda di Enzo Tortora ha riportato alla memoria due figure assai importanti di quella vicenda, sulle quali vorrei fare una riflessione: Raffaele Della Valle, avvocato del presentatore che fece politica nel Partito Liberale e poi, per breve tempo, in Forza Italia, partito che contribuì a fondare salvo allontanarsene dopo breve tempo proprio in polemica con Berlusconi. Marco Pannella, leader dei Radicali, personaggio assai discusso e controverso, protagonista di importanti battaglie per i diritti civili ed individuali negli anni ’70 e ancora oggi presente nel dibattito politico.
Entrambi, come si vede, furono risucchiati dal berlusconismo degli albori proprio in nome di quella rivoluzione liberale di cui l’Italia continua ad avere bisogno.
Furono illusi dall’imbonitore di Arcore, certamente, infatti l’abbandonarono abbastanza rapidamente, ma resta da chiedersi perché andarono lì e non a sinistra. E sulla sinistra, ancora oggi, grava l’errore di non aver saputo coniugare la giusta e sacrosanta battaglia per la legalità con la difesa delle garanzie costituzionali che sono alla base di ogni vero sistema democratico.
Aggiungo un ricordo personale: era l’86 o l’87 e Tortora venne all’università a tenere un incontro; noi, i giovani comunisti dell’UNICAL, lo incrociammo e cominciammo a contestare le posizioni del radicali. Lui ci guardò e ci disse: “Voi comunisti, sulla giustizia, siete peggio dei Borboni”. Aveva ragione.

La relazione di Raffaele Zuccarelli, Segretario del I Circolo PD di Cosenza, votata all’unanimità come documento del Circolo

Circolo PD 2 Circolo PD

RIPARTIAMO DAL CENTRO STORICO

Relazione del Segretario del Circolo PD Centro Storico e Frazioni Raffaele Zuccarelli

 

Abbiamo deciso di convocare questa riunione perché ci sembra corretto che sia la platea degli iscritti del circolo a decidere la linea politica, le iniziative e le forme organizzate attraverso cui il PD riprende un suo cammino dopo una lunga pausa di inattività.
Vogliamo affermare così il primato della organizzazione collettiva del Partito sulle correnti e le rappresentazioni personalistiche del PD che si è dato in questo periodo.
E’ da lungo tempo che in Calabria regna confusione e autoreferenzialità.
Non esistono responsabilità affidate attraverso un processo democratico e partecipato da parte degli iscritti.
La rappresentanza del Partito è così diventata sempre più ad appannaggio degli eletti nelle istituzioni.
Il pluralismo invece di essere una risorsa e una ricchezza che alimenta la vita democratica del Partito è stato utilizzato come pretesto per accentuare divisioni, per affermare veti e pregiudizi, per consentire ad alcuni settori di esprimersi attraverso una concezione assolutistica e proprietaria del Partito.
Persino il commissariamento non ha impedito, ma al contrario, ha assecondato queste tendenze degenerate.
Ovviamente mi riferisco alla fase che abbiamo vissuto con il commissario Adriano Musi. Eppure mi era simpatico nonostante abbia fatto i chiodi a questo Circolo.
Quel commissariamento, invece di correggere le distorsione generate da un congresso regionale, condizionato da un patto di potere stipulato per decidere la gestione del Partito in cambio della riconferma della candidatura di Loiero a Presidente della Regione, ha accentuato quelle distorsioni.
Soprattutto  a Cosenza abbiamo pagato un caro prezzo.
E’ stato impedito un confronto vero nel Partito cosentino, si è andato avanti a colpi di forzature da parte di chi indebitamente si era appropriato della rappresentanza legale e politica del Partito cosentino, determinando così spaccature insanabili e la sconfitta alle elezioni del centrosinistra.
Ne è stato utile  dover difendere il simbolo del PD in campagna elettorale per come lo stesso Segretario Bersani aveva chiesto.
E’ noto a tutti che Consiglieri e Assessori uscenti del PD e autorevoli dirigenti del Partito al primo turno si sono candidati ed hanno votato contro il simbolo del PD.
Ora dobbiamo ripartire.
E’ sperabile che il mandato dato da Bersani e dalla Direzione Nazionale del PD al nuovo Commissario Alfredo D’Attorre, sia rispettato e attuato coerentemente.
Svolgere i Congressi di Circoli, Provinciali e Regionali entro il 30 settembre con regole chiare e condivise.
Fare in modo che il PD dai Congressi possa uscire con un convincente e credibile progetto politico per la ripresa e il cambiamento in Calabria.
Che a dividere o ad unire i gruppi dirigenti siano prima di tutto il pensiero e il progetto politico.
Che la selezione dei gruppi dirigenti risponda al criterio del pluralismo, del rinnovamento e della responsabilità sulla base di un mandato degli iscritti.
Se su queste basi l’unità è un approdo del confronto politico è un valore; parimenti così dovrà essere, senza che sia un problema, la dialettica tra maggioranza e minoranza del Partito.
Insomma facciamo di tutto perché torni in campo la politica con la P maiuscola.
Per questa ragione, dobbiamo anche come Circolo del Centro Storico, indicare innanzitutto che ridia senso al rapporto tra il PD e una complessa domanda sociale che oggi si esprime nella nostra Città.
Deve essere il PD a farsi carico di sollecitare ed attrarre un progetto politico che rilanci la strategicità e la funzione direzionale di Cosenza e della sua area urbana nel sistema territoriale regionale della Calabria.
Perché possa essere convincente e vincente questa impostazione non è sufficiente limitarsi a fare la polemica con Scopelliti sul terreno dei campanilismi: Cosenza contro Reggio Calabria.
O una diffusa contrapposizione territoriale e una posizione subalterna alla impostazione politica e culturale che una destra becera in Calabria ha avuto sin dalla nascita del regionalismo.
Il PD avrà ascolto e forza se sfida Scopelliti e il centrodestra su una visione unitaria e integrata dello sviluppo dei diversi territori calabresi.
Tanto per intenderci voglio fare un esempio: se si cade nel gioco della contrapposizione tra Crotone e Sibari per l’aeroporto si favorisce solo una debolezza che porterà addirittura alla chiusura dell’aeroporto di Crotone e alla mancata realizzazione di quello di Sibari.
Allora noi dobbiamo invece incalzare Scopelliti perché ci sia il superamento delle gestioni separate degli aeroporti  per avere invece una gestione unitaria del sistema aeroportuale calabrese con un piano di sviluppo del traffico aereo che valorizzi finalità diverse nelle attività dei singoli aeroporti.
Dove sta scritto che l’offerta di Crotone e di Sibari si eliminano a vicenda e non invece si possano integrare?
Anche per quanto riguarda il sistema delle aree urbane il ragionamento vale allo stesso modo.
Perché contrapporre ad esempio l’area urbana della Sibaritide alla Città metropolitana dello Stretto? Sviluppo unitario ed integrato vuole dire una programmazione degli investimenti finalizzata a valorizzare le diverse funzioni territoriali.
Il parametro di valutazione e di selezione deve essere dato dal grado di convenienza che un singolo investimento genere sia per il singolo territorio che per l’intera Calabria.
A Scopelliti, un’opposizione che vuole essere forte e credibile, lo deve incalzare su questa linea.
E su questa linea dobbiamo mettere in evidenza quanto esiste il limite della contrapposizione tra territori vicini e contigui.
Non è sopportabile che possa riemergere una antica polemica che sa molto di rozzo paesanismo per esempio tra Cosenza e Rende.
Indipendentemente dalla forma dell’anagrafe il sistema territoriale urbano è nemico.
Al di là se si dà vita formalmente alla Città unica.
Nessuno può cancellare che l’asse territoriale Cosenza-Rende-Università è una realtà unica.
Nessuna scelta può reggere all’interno delle singole città se non rientra in una programmazione unitaria intercomunale.
Ad esempio sarebbe un’altra cosa se la circolare veloce non fosse il solo collegamento tra Piazza Matteotti e Roges ma tra Cosenza e l’Università.
Il discorso vale per la programmazione di tutti gli aspetti dell’organizzazione urbana e territoriale.
Ma l’area urbana cosentina non riesce ad aprire un’altra fase della sua crescita se non si propone e non si impone come una convenienza per la Calabria.
Per quanto ci riguarda, come Circolo PD del Centro Storico, intendiamo aprire un confronto aperto con le Istituzioni locali e le rappresentanze sociali e sindacali per definire e condividere la individuazione delle risorse da valorizzare per sancire il decollo dell’area urbana.
Per quanto ci riguarda, sin da stasera, noi ci sentiamo di indicare due direttrici.
Pensiamo che il centro storico di Cosenza e l’Università della Calabria siano i due poli di valori e di forza dell’area urbana.
In questo senso diciamo anche di voler ripartire dal Centro Storico.
La proposta che avanzo è quella di organizzare entro il mese di Giugno due appuntamenti importanti: il primo inteso come occasione per presentare un progetto di sviluppo integrato del Centro Storico; il secondo per valorizzare le opportunità che l’Università della Calabria offre per la crescita territoriale e l’innovazione culturale e tecnologica.
In particolare, intanto, chiediamo al Comune di Cosenza che fin da subito istituisca un Forum per il Centro Storico.
Un Forum che abbia anche la forza delle competenze culturali e scientifiche a sostegno di un progetto organico che possa fare del Centro Storico un grande cantiere di lavori, servizi e di promozioni culturali.
Al Comune di Cosenza, inoltre, chiediamo di istituire un fondo unico speciale su cui convogliare e da cui coordinare tutte le risorse finanziarie che vanno investite nel Centro Storico.
Proponiamo a questo proposito l’approvazione di una legge regionale per la valorizzazione del Centro Storico di Cosenza come bene storico, culturale e monumentale di interesse regionale.
In attesa che si arrivi all’approvazione di una simile legge il Comune di Cosenza proponga la stipula di un “accordo di programma” con la Regione Calabria.
L’accordo di programma che prevede il finanziamento di almeno delle linee di intervento per la messa in sicurezza e il riassetto del territorio, per il restauro e la conservazione e la valorizzazione dei beni culturali, per l’utilizzo produttivo e sociale del patrimonio edilizio pubblico e privato.
L’accordo di programma dovrà prevedere un impegno permanente di attività dell’aziende regionali AFOR e ATERP.
Questa sul Centro Storico è la prima tappa.
Con la stessa impostazione e lo stesso respiro dobbiamo ripensare il ruolo dell’Università della Calabria in un secondo appuntamento.
Un’attenzione particolare non possiamo non rivolgere all’aggravamento della condizione sociale della città che investe ormai tutti i ceti.
Mi sento di dire che a questo fine il dibattito che si è aperto sulla riforma del mercato del lavoro e sull’articolo 18 riguarda ben poco gli interessi della nostra città e delle realtà meridionali.
Questo dibattito è tutto proteso di chi ha già un lavoro e un reddito.
Da noi ormai la maggioranza è rappresentata da giovani e meno giovani senza lavoro che hanno la difficoltà di percepire un reddito a questo proposito mi pare importante  ripartire innanzitutto da una riforma del Welfare ed estendere gli effetti degli ammortizzatori sociali innanzitutto a chi è senza tutela.
Nell’ambito del programma  di iniziative del PD ripropongo una conferenza su questi temi a partire dalla ripresa di attuazione sulla proposta di legge di iniziativa popolare che abbiamo sostenuto e che è stata presentata alla Regione Calabria con circa diecimila firme di Calabresi per la istituzione del Reddito Minimo Garantito in Calabria.
Sulla base di questo percorso vogliamo riproporre il tema delle adesioni al PD e al nostro Circolo come una scelta individuale di valori e di responsabilità.
A questo fine propongo che il Circolo organizzi una giornata di mobilitazione per domenica 6 maggio.
Lo stesso giorno che in tanti comuni calabresi e italiani i cittadini sono chiamati a votare per le amministrative.
Vogliamo partire dal primato della politica e dai contenuti per pensare al destino ed al futuro della nostra gente e della nostra città.
E’ su questo che vanno costruite sia le alleanze sociali che elettorali.
E’ ormai chiaro che gli schieramenti elettorali che abbiamo conosciuto sia per il centrosinistra che per il centrodestra sono destinati ad essere superati da una nuova realtà del sistema politico italiano.
Anche a Cosenza  non ci dobbiamo attardare sul vecchio quadro politico.
Persino gli schieramenti di un anno fa sono già il passati e vanno messi in archivio.
Il problema non riguarda solo il PD o l’intero centrosinistra.
Anche il Sindaco Occhiuto deve essere consapevole che la sua azione di governo è sostenuta da una maggioranza che dovrà solo resistere rispetto all’avanzare dei nuovi scenari.
Il futuro non appartiene certo all’attuale schieramento di governo di Palazzo dei Bruzi.
Il PD deve lavorare per candidarsi come una forza credibile e capace per mettere in campo oggi il progetto per il governo dell’immediato domani.

QUESTIONE ROM: L’INTEGRAZIONE E’ UN DOVERE SIA PER CHI ARRIVA SIA PER CHI OSPITA.

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Diciamoci la verità, per poco non ci è scappato il morto con l’incendio nel “villaggio” ROM sul fiume di Cosenza. Senza contare le condizioni vergognose in cui vivono le persone in quella “favela”, tra sporcizia, topi e il rischio continuo che il fiume se li porti via con un’ondata di piena improvvisa. Oggi apprendiamo del rifiuto dei 60 scampati all’incendio a trasferirsi nella ex scuola “Don Milani” e a voler restare lì, in quelle condizioni degradate. Tutto ciò ci pone di fronte alla domanda: può una città civile consentire che 500-600 persone vivano in quelle condizioni, a rischio della loro stessa incolumità fisica ? Può, nello stesso tempo, accettare la pervicace ostinazione a voler restare in quelle condizioni ? Si può legittimare questa ostinazione, spesso dettata da motivazioni ben poco nobili, con la costruzione di un villaggio (eco, temporaneo o a numero chiuso che sia) che nei fatti diventerà l’ennesimo ghetto ? Massimo Converso, presidente dell’Opera Nomadi, giustamente si batte contro questa soluzione. I villaggi di quel tipo legittimano solo l’evasione scolastica, la volontà di non essere censiti e di occultare attività spesso “utilizzate” come manovalanza a basso costo dalla malavita.
Dovunque l’integrazione è avvenuta quando culture si sono mescolate, tollerandosi ed accettandosi con quella ospite, rinunciando certo, a parte di sé ma per il supremo bene della convivenza e della sicurezza collettive. Il nostro ordinamento, ad esempio, non consente, giustamente, la poligamia o il burka, pur difendendo il diritto di tutti a professare la propria fede.
Se la nostra casa è pericolante e mette in pericolo la nostra sicurezza e quella degli altri il nostro ordinamento prevede, giustamente, l’evacuazione di quella casa anche in deroga al nostro diritto di proprietà su quell’immobile.
Sono regole elementari che tutti, nel nostro territorio, sono tenuti a rispettare. E se persisto nel volerle non rispettare posso essere, legittimamente, invitato ad andar via.
Nel 2007 il “villaggio” sul fiume Crati fu sgombrato e i suoi abitanti, grazie ad un’azione congiunta di Prefettura, Comune, Provincia e Curia furono trasferiti in case reperite (non senza difficoltà) dal Comune e nei comuni dell’hinterland. Non durò molto perché i rom abbandonarono le case e tornarono sul fiume, con alterchi e risse scoppiate tra coloro che volevano comunque accettare le soluzioni offerte e quelli che invece si ostinavano a restare nella baraccopoli. Ci fu anche una polemica, che coinvolse il sottoscritto, che ribadiva la bontà della scelta del 2007, e alcune cosiddette associazioni “antirazziste” che chiedevano l’allestimento di un villaggio perché i rom sono naturalmente “nomadi” e quindi naturalmente portati ad abitare in baracche. Fui preso a male parole anche quando criticai la cosiddetta “scuola del vento” messa in piedi da queste associazioni, una iniziativa che allestiva una scuola per i bambini nella baraccopoli mentre gli scuolabus del Comune continuavano a viaggiare vuoti, nonostante l’impegno degli amministratori e di alcuni dirigenti scolastici di allora di dotare alcuni istituti di una politica di accoglienza e persino di docce per dei bambini che, vivendo all’addiaccio, non potevano certamente essere al massimo dell’igiene (una decisione presa tra le proteste dei genitori dei bambini italiani che inscenarono vivaci manifestazioni). Ma questa è la strada dell’integrazione, difficile, ma senza alternative.
Sarò antico, potrò non essere un esperto di antropologia, ma io continuo a pensare che vivere in una baracca in campi-ghetto, anche se dotati di minimi servizi essenziali, non possa essere un esempio di integrazione. Continuo a pensare che l’integrazione scolastica si svolga nelle scuole, mettendo insieme bambini di diversa cultura ed etnia e sia inaccettabile che possano esistere scuole diverse per bambini diversi. Io continuo a credere che abbia ragione Massimo Converso quando propone di persistere sulla soluzione del 2007 e a rifiutare la logica dei ghetti. Perché a nessuno è consentito di rifiutare le regole del posto in cui vive e pretendere la legittimazione di una illegittimità. Perché integrarsi è un dovere sia per chi arriva sia per chi ospita, sempre.

Per un pugno di voti il Molise rimane al centrodestra. Per il PD resta aperto il problema delle alleanze.

Logo del PD
In Molise con il 46,94 % il candidato del centrodestra Angelo Michele Iorio si conferma per la terza volta alla guida della piccola regione seguito con il 46,15 % dal candidato del centrosinistra Paolo Di Laura Frattura. Uno scarto in termini assoluti di appena 1500 voti.
Dita puntate su Grillo che con il suo 5,6% avrebbe impedito al centrosinistra di vincere. Franceschini li accusa di aver fatto vincere “un inquisito”.
Ora, francamente io credo che dare la colpa a Grillo di non essersi alleato con il centrosinistra in nome dell’antiberlusconismo sia un grave errore politico. Intanto perché è davvero singolare pensare che Grillo e il suo movimento che interpreta pienamente e coerentemente l’antipolitica italiana possa essere suscettibile di un’alleanza di governo, anche a livello locale.
Pensare a Grillo come l’ennesimo partito o movimento del centrosinistra da aggregare nel “Fronte popolare anti-Berlusconi” è la rappresentazione del limite profondo che ancora pervade la strategia delle alleanze di governo del PD. Primo perché Berlusconi, nonostante le fiducie, non è eterno e secondo perché un’alleanza siffatta, pur vincente, non sarebbe in grado di governare (l’esperienza dell’Unione sta ancora lì, tutta, a ricordarci il limite di quella politica e che ci spinse, giustamente, a dare vita al PD).
La strutturazione del Centrosinistra di Vasto, PD+IDV+SEL non è sufficiente non solo numericamente, ma politicamente.
Tenere insieme chi propone il ritorno alla legge Reale dopo i fatti di Roma con chi fino a ieri dichiarava che Carlo Giuliani era un eroe è un’operazione che non ha la minima credibilità e quando si andrà a votare non potrà non emergere e anche se si vincesse non potrebbe non pesare.
Di Pietro, che qui ha eletto il suo “Trota” consigliere regionale è un populista che in qualunque democrazia “normale” troverebbe la sua naturale collocazione nella destra, magari in quella cosiddetta “sociale” che nel Parlamento europeo raggruppa gli esponenti di Jean Marie Le Pen o i post-falangisti spagnoli.
Un’altra contraddizione è costituita da Vendola e da SEL, che si configura come una riedizione, neppure tanto nuova, del PRC bertinottiano. La notizia riportata oggi dal Corriere della Sera secondo la quale SEL avrebbe mediato con il “movimento” per un certo tipo di corteo in cambio di candidature tipo quelle che portarono i no global Caruso e Agnoletto nelle tanto bistrattate ma allo stesso tempo tanto spasmodicamente cercate istituzioni “borghesi”, se vera, rileva una difficoltà di fondo per Vendola di staccarsi da un retaggio politico caratterizzato da un antagonismo marginale e comunque assolutamente incompatibile con il profilo e la funzione di una sinistra moderna che si candida addirittura a guidare un grande Paese europeo come l’Italia.
Se poi guardiamo ai risultati delle liste balza subito agli occhi la buona affermazione dei socialisti, che passano dal 3 al 5 % (superando i grillini che come liste arrivano appena al 3 % e non conquistano neppure un seggio), il 9 % del PD (pochino) e l’altrettanto deludente risultato di Di Pietro (8,37%), che nella sua regione, con il figlio candidato perde in voti (quasi 2000) e percentuale. SEL e Rifondazione Comunista insieme superano di poco il 6%. Nell’altro campo l’UDEUR oggi alleata con il centrodestra e l’UDC più altre formazioni di centro superano abbondantemente il 15 % senza contare alcune civiche riferibili più o meno al Terzo Polo.
Le indicazioni elettorali sono quindi assai chiare e dovrebbero consolidare una strategie delle alleanze del PD diversa, in cui inclusioni ed autoesclusioni siano fatte sulla politica e non sul richiamo ad un frontismo parolaio e massimalista. Pensare che la questione si possa risolvere includendo un altro parolaio e massimalista a quelli che già affollano l’attuale centrosinistra non solo è sbagliato ma criminale.

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