referendum

Città unica e il festival delle cattive intenzioni

Referendum città unica

Rovesciando il celebre proverbio “le strade dell’inferno sono spesso lastricate di buone intenzioni” anche quella per il Paradiso spesso sono lastricate di cattive intenzioni. Con la differenza che nel primo caso si va certamente all’inferno nel secondo la strada del Paradiso spesso si perde per sempre. Il referendum ha visto la vittoria del NO perché i cittadini hanno ritenuto che un progetto così importante non potesse affermarsi solo per garantire a qualcuno la rivalsa di recenti sconfitte elettorali e l’ambizione di fare il candidato piglia tutto. La città unica è stata quindi percepita o come una minaccia o come un disegno teso solo a garantire qualche ambizione di potere individuale e di gruppo e non come il grande e necessario progetto di semplificazione amministrativa di un territorio inserito in un reale e comprensibile progetto di sviluppo. Il centrodestra prende col voto di ieri una sonora sberla in faccia. Il PD e tutto il centrosinistra che non potevano non sostenere la prospettiva strategica della città unica hanno cercato di mettere pezze ad un disegno sbagliato e approssimativo proprio per le cattive intenzioni di fondo di chi lo ha proposto e imposto. Al PD e al centrosinistra resta ora il fardello, reso più pesante dal voto di ieri, di cercare di trovare la strada giusta per rimettere in piedi una grande ambizione la cui portata politica resta strategica per il futuro dell’area urbana.

Non fermarsi…

La Buona Scuola comincia da chi ci lavora

La cosiddetta “Buona Scuola” è stata approvata. È una pessima legge e, secondo me, anche inapplicabile, come dimostra l’uragano di ricorsi che già si annuncia. Una legge senza capo né coda, una assemblato di slogan che non affronta nessuno dei problemi della scuola italiana.
Il vasto movimento che si è espresso in questi giorni non deve, dunque, disperdersi.
Occorre però che tutti abbiano consapevolezza che la battaglia, con gli strumenti che si sceglieranno (referendum, o altro) potrà essere vinta soltanto se non ci si limiterà a dire no e, invece, si costruirà finalmente e dal basso, la vera “buona scuola” di cui il Paese ha bisogno.

IL PORCELLUM E’ INCOSTITUZIONALE…NOMINATI E GIOCATORI DA TRE CARTE SI RASSEGNINO.

addio, porcellum-1

La Consulta oggi, con una decisione assai rapida e senza rinvii, ha decretato la fine del porcellum dichiarando incostituzionale sia il premio di maggioranza sia le liste bloccate.

La sentenza, le cui motivazioni saranno rese note nelle prossime settimane (e da quel momento diverrà esecutiva), è ineccepibile e dice la parola fine a tante stupidaggini e giochini da tre carte che pure si erano letti in questi mesi.

Nel mio piccolo, pur non essendo un costituzionalista ma un semplice professore di lettere, avevo già scritto nei giorni scorsi e sono felice di essere stato confermato nelle mie convinzioni.

Negli anni passati ho sostenuto tutte le iniziative referendarie tendenti ad abolire questa legge, anche raccogliendo le firme e aderendo ai comitati nazionali.

Oggi questa sentenza dà ragione a me e ai tantissimi italiani che in tutte le occasioni hanno mostrato tutta la loro insofferenza verso questa che è davvero una “legge porcata”.

La legge Calderoli, alias porcellum è stata il vero “colpo di stato” di questi anni. Essa ha infatti cancellato nello stesso tempo il diritto dei cittadini di scegliere i propri rappresentanti e il loro diritto di essere rappresentati quali abitanti di un territorio, ha delineato i contorni di una democrazia plebiscitaria in cui ci si affidava al leader che sceglieva tutto e per tutti. Per tacere del premio di maggioranza abnorme che neanche il primo governo Mussolini aveva mai avuto il coraggio di introdurre senza una soglia minima.

Non è un caso che Berlusconi, coerentemente, oggi è l’unico che ufficialmente rimpiange il porcellum e boccia la Corte Costituzionale come un organismo “di sinistra”.

Ma potete star certi che sono molti, in queste ore, a piangere in silenzio ed a masticare amaro, anche a sinistra, soprattutto tra coloro che, considerandosi illuminati portatori di magnifiche sorti e progressive, hanno sempre declinato la concezione della cosiddetta democrazia “per nomina” (sic).

Comunque vada, sia se il parlamento, come sarebbe suo dovere a questo punto, farà una nuova legge sia se, invece, resterà fermo e paralizzato nella sua impotenza, un parlamentare per essere eletto dovrà metterci nome e faccia. Non ci sarà più il caro leader o il capocorrente che lo tutela a Roma. L’unica sua tutela dovrà cercarsela sul territorio chiedendo il consenso a cittadini in carne ed ossa, con la loro storia, le loro speranze e, soprattutto, i loro problemi, assumendosi responsabilità e compiendo scelte, dicendo si o no.

E’ la democrazia bellezza.

RICORDIAMO ENZO TORTORA MA EVITIAMO IPOCRISIE

Enzo Tortora arrestato

Venticinque anni fa, il 18 maggio 1988, moriva Enzo Tortora.

Enzo Tortora fu accusato ingiustamente di essere un affiliato della camorra, costretto in carcere, massacrato mediaticamente, condannato in primo grado e assolto in appello con formula piena.

Un errore giudiziario clamoroso che lo portò alla morte.

Enzo Tortora si difese sempre con determinazione nel processo, arrivando persino a rinunciare all’immunità di parlamentare europeo. Altra tempra, altro uomo.

Fu grazie alla battaglia condotta da Enzo Tortora che gli italiani diedero un consenso plebiscitario al referendum che introduceva la responsabilità civile dei giudici “per colpa grave”.

Tuttavia, la legge Vassalli che uscì fuori da quel referendum, stabilì che il cittadino che ha subito le conseguenze di un errore giudiziario può rivalersi sullo Stato che pagherà un risarcimento e solo dopo, eventualmente, lo Stato può rivalersi sul giudice che ha sbagliato ma solo “entro un terzo di annualità dello stipendio”.

Non ho notizia che questo secondo passaggio si sia mai verificato negli ultimi venticinque anni, mentre ammontano a parecchi milioni di euro le somme pagate dallo Stato per ingiusta detenzione.

In buona sostanza, i magistrati continuano ad essere l’unica categoria di impiegati pubblici i cui errori commessi per “dolo o colpa grave” vengono pagati da tutti i cittadini e che di persona non ne subiscono alcuna conseguenza, neppure, che so, il semplice trasferimento d’ufficio.

Sarebbe dunque bene che, ricordando Tortora, si evitassero facili ipocrisie e ci si rendesse conto che, Berlusconi a parte, in Italia esiste una questione giustizia grande quanto una casa.

Commenti
    Archivio