Il folle caso della scoperta dell’America
Il 12 ottobre del 1492 un sognatore lucidamente folle, un emigrato italiano in Spagna, sbarcò per la prima volta su una terra sconosciuta che geografi forse per dispetto chiameranno anni poi col nome di un altro navigatore italiano, tra l’altro suo amico, America. Si chiamava Cristoforo Colombo. Questo grande marinaio genovese cercava una rotta per raggiungere le Indie da Ponente. Sapeva, da marinaio che aveva percorso per anni l’Atlantico, che la terra era a poche miglia marine, nonostante tutti gli scienziati del tempo sostenessero (ed avevano ragione) che la circonferenza della Terra fosse molto più ampia di quella pensata dall’antico geografo Tolomeo e ripresa dal cartografo fiorentino Paolo Dal Pozzo Toscanelli (teorie che invece Colombo credeva corrette). Colombo, dunque, aveva torto teoricamente ma aveva ragione empiricamente. Da marinaio “sapeva” che quell’Oceano non era tanto grande da non potere essere attraversato come dicevano coloro che la geografia la studiavano solo sui libri. Avevano invece ragione gli scienziati che avevano esaminato e bocciato il suo progetto, dicendogli che le coste più orientali dell’Asia erano molto più lontane di quanto dicesse. Avevano entrambi torto perché non sospettavano che tra Asia ed Europa ci fosse un altro immenso continente. A dimostrazione che i grandi cambiamenti della storia umana nascono, spesso, da fortunate casualità e da vistosi errori teorici.
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